Missione Livello B+

Takamura Mamoru stava seduto, o meglio sdraiato all'interno di una caverna buia, Al suo fianco, la carcassa di un grosso bue, sulle cui ossa non rimaneva che qualche brandello di pelle. Poco più in là, un sacco di tela semi rovesciato a terra, e come una cornucopia vi aveva rivesato gioielli, tessuti preziosi e una grande quantità di monete. Il Mukenin dal fisico possente (era alto più quasi due metri e pesava circa centocinquanta chili) guardava il soffitto con occhi annoiati, lisciandosi di tanto in tanto i baffetti neri. L'ultima caccia risaliva a circa tre giorni prima, quando aveva assaltato un contadino rubandogli l'animale che questi stava portando al mercato - appunto, il povero bue. Poi, più niente. Gli abitanti della zona cominciavano ad avere paura di lui, alcuni - li aveva sentiti - lo chiamavano addirittura "Oni" (Demone) e pensavano che si trattasse di uno spirito maligno che aveva infestato la foresta. Che sciocchi! Lui era solo un ninja, anche se un ninja molto potente. Molto presto, dunque, avrebbe lasciato quella foresta per dirigersi altrove, in un luogo dove il suo spirito barbarico potesse trovarsi a proprio agio.
Con un colpo di reni, si alzò in piedi di scatto. Con qualche colpo delle mani si pulì i vestiti, un completo piuttosto strano formato da una tuta nera aderente e sopra una sorta di armatura leggera grigia e gialla, formata da un tessuto indefinibile. La portava sempre, giacchè la trovava decisamente comoda per la lotta corpo a corpo. Poteva eseguire le sue tecniche alla massima potenza e velocità senza rischiare di strapparla, inoltre era incredibilmente leggera e resistente tanto quanto il giubbotto distintivo dei Chunin. Non l'aveva cucita lui, ovviamente, ma l'aveva rubata da un sarto di Otafuku Gai, dopo aver fatto irruzione nel suo negozio e averlo ucciso. Si era pentito, in seguito, di tale atto: se la tuta si fosse rovinata, non avrebbe avuto modo di aggiustarla; perciò sarebbe stato meglio lasciare in vita il suo creatore, magari legarlo e portarselo a presso come servo, per ogni evenienza. Ma ormai non poteva tornare più indietro, per cui era inutile avere rimorsi. Uscito dalla caverna, si guardò intorno, ispirando l'aria del mattino a pieni polmoni e pregustando la prossima aggressione.

SPOILER (clicca per visualizzare)

Note: Mi raccomando descrivi bene tutto e cerca di ruolare al meglio! Ho aperto la missione apposta per te, cerchiamo di farla diventare divertente

Quando Takamura sentì un kunai fischiare sopra la sua testa, quasi senza nemmeno accorgersene attivò l'Armatura del Fulmine. In un istante il suo corpo venne circondato da un'aura azzurra, attraversata da veloci scosse elettriche, mentre i suoi muscoli acquistarono vistosamente tono. Originariamente, il Mukenin apparteneva al Villaggio della Nuvola, ed era un membro del Clan Yotsuki. Fin da piccolo era stato addestrato a rigidi addestramenti fisici in previsione di apprendere l'Abilità Innata tanto temuta a Kumo. Takamura aveva dimostrato subito una grande predispozione per il combattimento, anche se si distingueva per la sua ferocia e l'indole selvaggia: spesso, troppo spesso disobbediva agli ordini, non conosceva la disciplina e in più di una occasione aveva messo in pericolo la vita dei suoi compagni di squadra per affrontare un nemico. Di certo le sue capacità erano innegabili; tuttavia il suo comportamento non era adatto a un ninja. La Raikage, dunque, lo vedeva come una katana affilatissima che non poteva essere impugnata: in parole povere, inutile. Decise così di non promuoverlo a Jonin e tenerlo fra i Chunin, dove avrebbe potuto causare meno danni, ed iniziò ad affidargli sempre meno missioni, lasciandogli incarichi banali e semplici da portare a termine. Sperava che Takamura avrebbe messo la testa a posto, un giorno o l'altro, tuttavia questi si stancò ben presto delle briglie e giunse ad una estrema decisione: lasciare il Villaggio. Senza rimpianti diventò Mukenin, credendo che almeno, in questo modo, sarebbe stato libero di fare ciò che voleva. In fondo la carriera di shinobi non gli era mai interessata. Gli bastava combattere, per sentirsi soddisfatto. Questa, in effetti, era l'unica occupazione che gli interessasse.
Dopo un anno di vagabondaggi, era incappato in un ricco mercante, e aveva deciso di rapinarlo. Si diceva trasportasse pietre preziose, e con quel bottino avrebbe potuto vivere agiatamente e non doversi più preoccupare dei soldi per il resto della sua vita. Purtroppo, le guardie del mercante erano dieci ninja di Konoha, tutti esperti, contro cui non aveva potuto nulla. Ne aveva messi al tappeto tre, ma alla fine lo svantaggio numerico era stato insormontabile. Sbattuto in cella, non gli era rimasto che dare ai carcerieri un nome falso - il cognome della madre, per la precisione - per evitare almeno che cercassero di portagli via la sua preziosa Kekkei Genkai con chissà quale esperimento. Fortunamente, l'eclissi di sole di una settimana prima gli aveva dato l'occasione giusta per fuggire: sfruttando la momentanea oscurità aveva eliminato le guardie ed era fuggito nei boschi, riprendo la sua solita vita da animale selvaggio.
Non appena attivata l'Armatura del Fulmine, intorno a lui il mondo si fece più chiaro. L'aumento dei riflessi donatagli da quell'Abilità faceva sì che ogni stimolo (olfattivo, visivo, uditivo) arrivasse al suo cervello in modo più chiaro. Lucidamente individuò il kunai, e ancora prima che l'immagine dell'arma metallica si stampasse nella sua mente, già si stava spostando verso destra, velocemente. Con la coda dell'occhio, inoltre, notò un'ombra qualche metro sopra di lui, ma oramai si era già allontanato almeno cinque metri dalla sua originale posizione, per cui non doveva preccuparsi di alcun attacco a sorpresa. Disattivò la Raiton no Yoroi, che non gli serviva più, al momento, e rivolse il suo sguardo verso il giovane ragazzo appena atterrato al suolo. Takamura sorrise, pregustandosi l'imminente combattimento.

- Sono venuto qui per catturarti e riportarti in prigione Takamura Mamoru.
Si trattava di un ragazzo giovane e piuttosto muscoloso, con i capelli castani scuri sparati per aria. Il Mukenin avrebbe scommesso che si trattava di un ninja, giacchè nel borgo non c'era nessuno abbastanza coraggioso da affrontarlo a viso aperto. Inoltre, percepiva una grande forza provenire da lui; forse era solo una impressione, tuttavia gli pareva che l'aria fosse diventata più elettrica da quando il loro sguardo si era incrociato. In ogni caso, poco importava. In un uno contro uno, era pressochè impossibile batterlo, grazie alla sua Armatura Raiton che gli donava una potenza fuori dal comune che nessuno era in grado di fronteggiare. Perciò, rispose con uno sprezzante sorriso, intenzionato a non arrendersi nè scappare. Uno scontro era quello che desiderava, e non si sarebbe tirato indietro per nessun motivo.
- Se ti arrendi e mi segui non dovrò usare le maniere forti, perciò ti prego di seguirmi.
Forse era un cacciatore di taglie, chissà. In ogni caso, pareva decisamente sicuro di sè. Purtroppo, fra pochi secondi tutta la sua tracotanza sarebbe crollata in pezzi. Nonostante quella minaccia mal velata, infatti, Takamura sapeva che il combattimento era imminente. Non c'era la possibilità, infatti, che la faccenda si risolvesse con le buone. L'ex-shinobi di Kumo non aveva intenzione di tornare in cella, mentre il ragazzo voleva catturarlo per completare una missione assegnatagli oppure per guadagnare qualche soldo. Entrambi, dunque, erano preparati per il peggio. Quando l'avversario scattò in avanti, quindi, il Mukenin non si stupì per nulla: osservò tranquillamente il nemico avvicinarsi a lui con una discreta velocità, quindi estrarre la spada per eseguire un rapidissimo fendente. Takamura attivò nuovamente la sua Raiton no Yoroi, incrementando tutte le proprie caratteristiche fisiche. Grazie ai suoi riflessi non fu difficile reagire al colpo di katana e si spostò di mezzo metro verso sinistra, evitando in questo modo anche la lama di chakra che ne era scaturita. Quindi, balzando a sua volta in avanti, si scagliò contro il ragazzo, caricando quanta più forza possibile nel braccio destro. Non appena fosse stato a meno di un metro da lui, infatti, l'avrebbe disteso con il palmo della mano aperto, cercando di colpirlo con un potente attacco al fianco destro. Così facendo, non solo gli avrebbe fatto abbassare la cresta, ma avrebbe danneggiato il plesso solare, lasciandolo senza fiato e privo di difese.

Non appena Takamura si fece sotto al suo avversario, questi aumentò spropositamente la propria velocità, alzando la gamba destra e colpendo, in un istante, il suo braccio destro. Così facendo, non solo era riuscito ad evitare di trovarsi con due costole rotte, ma aveva anche aperto la guardia del Mukenin. Di certo, si trattava di uno shinobi abile nel Taijutsu, dotato tra l'altro di capacità fisiche incredibili. Il Mukenin non potè fare a meno di sogghignare. Non temeva di trovarsi in una situazione sfavorevole e di essere vulnerabile ad un probabile contrattacco, giacchè, finalmente, aveva di fronte un nemico contro cui sarebbe stato divertente combattere. Da quando era entrato nel Paese del Fuoco, sulla sua strada erano capitati solo ninja incompetenti, che cadevano a terra con un semplice pugno. Ora, invece, non era stato solo costretto ad attivare la sua Raiton no Yoroi, ma addirittura pareva che avrebbe dovuto scontrarsi al massimo delle sue capacità, se non voleva essere sconfitto. L'idea della prigione gli scomparve totalmente dalla testa; non lo sfiorò nemmeno il pensiero che avrebbe fatto meglio a scappare, poichè ora tutto ciò che gli interessava era misurarsi con quel ragazzo dalla strana capigliatura.
L'avversario effettuò una semi torsione del busto e lo colpì con il piede sinistro al petto, proprio contro lo sterno, facendolo leggermente indietreggiare. Con i suoi riflessi sarebbe riuscito a pararlo, probabilmente, ma voleva misurare sul suo corpo la forza del suo nemico, per determinare quale fosse il divario fra loro. Il risultato? Quel ragazzo era dotato di incredibile velocità, ma non era niente di che in fatto di potenza fisica. Quasi senza accorgersene, Takamura portò le braccia al petto, in posizione difensiva: i pugni appena sopra al mento, gli avambracci a coprire petto e gran parte dell'addome. Una barriera pressochè impenetrabile, vista la sua stazza e i muscoli d'acciaio resi ancor più duri dall'Armatura del Fulmine. I successivi nove calci gli provocarono un po' di dolore, ma gli bastò stringere i denti per non farci troppo caso; in fondo era un utilizzatore di Taijutsu, ed era abituato a combattere muso a muso con gli avversari e spesso a farsi male. Anzi, non poteva considerare uno scontro emozionante finchè almeno uno dei due non si rompeva qualche osso.
L'attacco nemico non l'aveva impressionato particolarmente, perciò appena fu terminato non perse tempo e tentò di sfruttare la situazione a suo favore. Puntando i piedi a terra, compì un veloce balzo in avanti, bruciando in un istante il metro che lo separava dal nemico. Aveva piegato il gomito destro, reggendo la mano con il braccio sinistro per assumere una posizione quanto più possibile stabile e solida. Avrebbe dovuto infatti concentrare tutta la forza del suo corpo in un punto solo, cercando di colpire al petto l'avversario. Con una mossa simile l'avrebbe di certo ferito o per lo meno scaraventato qualche metro più avanti.