Un Destino Solitario

- Ehi tu, fermati!
Nel buio della notte, una voce giovanile e minacciosa risuonò nell'aria, spezzando il nero silenzio che avvolgeva le porte del Villaggio. A pochi metri oltre il confine di Iwa, un ragazzo giovane di nome Kaito stava scrutando l'oscurità con occhio attento, dopo aver visto di sfuggita una sagoma scattare poco distante da lui. In realtà Kaito era lontano dalla sua abituale postazione di vedetta, ma il caso aveva voluto che fosse sceso dalla sua casupola in cima alla torretta di guardia meno di un minuto prima. Poichè intorno era tutto tranquillo, aveva pensato di farsi una passeggiata al chiaro di luna, assaporando l'aria del Villaggio che tanto amava. Probabilmente, se l'avessero scoperto sarebbe stato punito, ma in fondo ne valeva la pena. Benchè fosse stato addestrato ad eseguire gli ordini - ed addestrato con successo - non poteva fare a meno di concedersi di tanto in tanto una passeggiata come quella. Si trattava, probabilmente, di una inconscia valvola di sfogo, senza la quale sarebbe impazzito. Ora la sua vita era piuttosto tranquilla, ma fino a un anno prima aveva dovuto subire atroci e tremendi addestramenti, fino ad un atroce a tremendo esame, in cui solo lui e un suo compagno erano riusciti a sopravvivere. Questo era stato il destino di un giovane giudicato possessore di "incredibili capacità", come avevano detto i dottori.
Perciò, il caso aveva voluto che Kaito fosse stato nel luogo sbagliato al momento sbagliato; aveva udito un passo a lui familiare, fin troppo familiare. Si trattava di Ikki, e non poteva sbagliarsi. Per anni aveva sentito il suono inconfondibile dei talloni che sfregavano a terra ad ogni piè sospinto, creando un particolare fruscio. Tuttavia, così sorpreso di trovare il suo "amico" - se così si poteva chiamarlo, in effetti - in un luogo simile, aveva reagito come se si fosse trattato di un fuggitivo. Sulle prime pensò addirittura di essersi ingannato: l'ombra si fermò un istante, e il silenzio riprese il dominio della notte. Poi, scrollando la testa, si rese conto che no, non poteva aver commesso un errore.
- Avanti, esci fuori, so chi sei - disse, questa volta con tono più cordiale.

- Kaito, perchè proprio tu?
Le parole di Ikki risuonarono nell'animo del ragazzo, trasmettendogli una insolita e strana tristezza. Negli anni precedenti si era abituato pressochè totalmente a resistere ad ogni forma di tortura e saper dominare alla perfezione le sue emozioni, tuttavia in quell'istante non potè fare a meno di sentiersi sconfortato. Gli parve che ogni cosa intorno a lui presagisse una catastrofe: persino l'aria, fino a poco prima così dolce e serena, ora era diventata tagliente e fredda, esattamente come nei momenti che precedono un temporale. E allo stesso modo anche il suo animo era attraversato da improvvisi lampi. Fissò il volto del compagno, poi i suoi occhi. Vi lesse la conferma di quando già s'agitava nel suo cuore, benchè non osò ammetterlo a sè stesso. I due avevano trascorso pressochè tutta la vita spalla a spalla e, nonostante i dottori scoraggiassero l'amicizia fra le loro cavie, non aveva potuto evitare che fra di loro nascesse una complicità e affinità incredibili. Pareva che si sorreggessero a vicenda, e che traessero la forza l'una dall'altro. Per questo, separarli avrebbe significato renderli deboli e vulnerabili. Superato il test, Kaito e Ikki avevano intrapreso strade diverse, e si vedevano solo di rado; tuttavia, era le loro anime erano ormai indissolubilmente legate, e non c'era distanza che potesse dividerli. Era naturale, dunque, che bastasse uno sguardo per esprimere ciò che le parole non potevano comunicare.
- Io devo andare via, per sempre. Fatti da parte, non ti intromettere. Altrimenti...
Ikki aveva una espressione così seria, quasi adulta. Kaito rimase muto per qualche secondo, non sapendo se ridere o mettersi a piangere. Forse era uno scherzo. Sì, senza dubbio si trattava di uno di quei giochi che il suo compagno gli insegnava nelle lunghe notti d'inverno, quando i dolori fisici gli impedivano di addormentarsi. Di certo ora sarebbero tornati al Villaggio entrambi, giacchè non era possibile che Ikki avesse scelto di... Non poteva nemmeno pensare a una simile alternativa. Oppure... Oppure si trattava solo di un sogno! Forse Kaito si era appisolato durante il turno di vedetta! Quell'atmosfera irreale e quasi sospesa che li circondava era sicuramente la dimensione del sogno! Il ragazzo abbassò il capo per un attimo. No, non era uno scherzo e lui era sveglio, sveglissimo, più sveglio di quanto non lo fosse mai stato in tutta la sua vita. Guardò ancora il volto del compagno con espressione supplicante. "Ti prego", sembrava dire, "non farlo". Tuttavia, ciò che gli occhi azzurri di Ikki gli restituivano era una incrollabile determinazione.
Tremante, il ragazzo prese in mano un kunai, estraendolo dal suo porta-armi dietro la schiena. Il suo corpo si muoveva da solo, rispondendo agli ordini così come gli avevano insegnato. "Cattura chiunque tenti di scappare", questo era ciò che doveva fare. E benchè non lo volesse, era costretto ad attaccare. Di fronte a sè aveva un Mukenin, dopo tutto, e c'era una parte di lui che aveva già reagito di conseguenza, senza che il suo cervello confuso e sperduto dovesse coordinarne i movimenti. Il kunai partì contro Ikki, diretto contro il suo petto.

Com'era naturale, Ikki schivò il kunai. E com'era naturale, rivoltò l'attacco di Kaito a suo favore, afferrando l'arma per il manico e rilanciandola indietro. Il ragazzo conosceva bene lo stile di combattimento del compagno, e sapeva quanto fosse forte. Ma anche lui era piuttosto forte, e probabilmente le loro capacità si eguagliavano. Tutti e due erano abili nei Ninjutsu e capaci di sostenere più che adeguatamente il corpo a corpo, poco esperti invece nei Genjutsu, preferendo affrontare infatti gli avversari a viso aperto, anzichè con simili trucchetti. Entrambi possedevano gli stessi tre Elementi, ovvero Fuuton, Doton e Katon. L'unica differenza era che l'uno li univa per creare il Jinton, l'altro per dare origine a Youton e Futton. In ogni caso, uno scontro li avrebbe portati a uccidersi a vicenda, senza alcun dubbio. L'ultima volta, durante il Test, dopo aver eliminato gli altri "candidati" (se così si poteva chiamare un'orda di giovani corrotti nel corpo e nella mente), i dottori erano stati costretti a dividerli prima che andassero entrambi incontro a morte certa. Benchè ci dovesse essere un solo vincitore, ne vennero quindi eletti due.
Il kunai lanciato da Ikki si trasformò all'improssivo in una fenice dorata, che si librò in aria con eleganza. Kaito compose il sigillo Serpente, incrociando le mani e ponendole davanti al volte. Il suo corpo cambiò velocemente colore, e la pelle da chiara che era divenne grigia scura. In quella posizione, il ragazzo pareva stesse pregando. Certamente non pregava per sè, giacchè sapeva che il Jutsu Katon non l'avrebbe ferito. Piuttosto, pregava per il suo compagno, che a quanto pareva aveva davvero l'intenzione di lasciare Iwa. Nonostante avesse cercato di chiudere gli occhi davanti alla realtà, ora doveva accettare che il suo migliore amico stava per diventare un Mukenin. Per quale motivo voleva abbandonare il Villaggio che entrambi avevano promesso di proteggere? Che ne era stato dei suoi ideali, dei suoi sogni? C'era qualcosa, in quell'assurda situazione, che lasciava Kaito confuso e spaventato.
La tecnica di Ikki si abbattè su di lui, ma l'Armatura di Terra era pronto a proteggerlo annullando ogni danno. Forse avrebbe preferito essere ustionato, nella speranza che il dolore potesse risvegliarlo da un tale incubo. Purtroppo, il suo corpo agiva per proprio conto, e perciò non appena le fiamme si dileguarono, disattivò il Domu no Jutsu per riprendere completa mobilità. I suoi polmoni concentrarono chakra senza quasi che egli se ne accorgesse, e poco dopo il suo capo si reclinò in avanti. Apertasi la bocca, tre globi di lava si fecero strada fuori da essa, gettandosi contro quello che, nell'inconscio, stava considerando un nemico da battere. In particolare, i bersagli sembravano il capo, il busto e le gambe. Nonostante la distanza fra loro fosse di soli quattro metri, lo Youton non avrebbe colpito Ikki. O almeno questo era ciò che il ragazzo desiderava.

Ikki sputò a terra un getto di fango, che immediatamente prese la forma di un solido e resistente muro. I globi impattarono su di esso, producendo un rumore sordo. Kaito tirò un sospiro di sollievo, vendendo l'amico salvo; in lui era salda la speranza che, dopo qualche attacco, il suo compagno si sarebbe ricreduto, e avrebbe deciso di tornare a Iwa. Questa d'altronde era l'unica scusante che poteva allievare il lancinante dolore provato ogni volta in cui era costretto ad utilizzare un Jutsu, sia in fase offensiva che difensiva. Nel primo caso, temeva di ferire Ikki, nel secondo si sbalordiva di come questi tentasse di metterlo al tappeto, senza apparente tristezza. Probabilmente, tuttavia, anche sulla faccia di Kaito non si leggeva altro che una espressione concentrata e seria, abituati com'erano a nascondere le proprie emozioni in fondo al loro animo.
Il suo amico saltò sul muro di fango appena creato, quindi, dando prova della sua grande agilità, saltò oltre la sua testa. Il ragazzo dai capelli scuri lo seguì con lo sguardo fin dove potere arrivare il suo campo visivo, quindi lasciò che il suolo iniziasse a inghiottirlo. Stentava a credere che Ikki cercasse di metterlo fuori combattimento, tuttavia il suo corpo reagiva automaticamente, e in lui gli instinti di sopravvivenza erano più pronti che mai a salvarlo da qualsiasi ferita. Non appena la terra l'ebbe inghiottito, infatti, un potente Jutsu Katon piombò sopra di lui, riducendo l'erba soffice in nera polvere. Kaito si mosse sotto la superficie di circa quattro metri verso destra, nel giro di pochi secondi. Dunque, così com'era sprofondato, riemerse alla fresca luce della luna.
- Ti prego, fermati - disse, con voce tremante.
Un ultimo avviso, prima di attaccare nuovamente, e cercare di fermarlo attraverso la forza. Kaito compose il Sigillo Topo, mischiando chakra Fuuton e Katon nella sua gola. Quando aprì la bocca, una nebbia acida si propagò di fronte a lui, e avrebbe certamente circondato l'amico, se questi non avesse fatto qualcosa per evitarlo.